Cannabis autofiorente: 5 consigli per coltivarla senza fare errori

Quando si parla di coltivazione della cannabis, non si possono non chiamare in causa i semi autofiorenti. Diventati popolari a partire dai primi anni 2000, hanno come principale caratteristica il fatto di crescere senza bisogno di una gestione complicata dell’illuminazione. Tutto, infatti, dipende dall’età della pianta. Quali sono i consigli per coltivare le autofiorenti senza fare errori? Scopriamone cinque nelle prossime righe.

 

La giusta partenza

I semi di cannabis autofiorente possono essere acquistati online. Attenzione, però: se si ha intenzione di avere soddisfazione dal proprio raccolto, il consiglio è quello di scegliere e-commerce seri. Portali come Fast Buds sono la scelta giusta in quanto noti a livello internazionale e insigniti di premi importanti nel corso degli anni per via dell’ampia offerta di genetiche.

 

L’organizzazione della grow room

La cannabis autofiorente si presta bene sia alla coltivazione outdoor, sia a quella indoor. Nel momento in cui si chiama in causa questa seconda eventualità e la scelta di coltivare in grow room, è bene evitare, se possibile, di affiancare le autofiorenti a piante di cannabis fotoperiodica. Il motivo è molto semplice: le prime tendono a crescere meno. Il rischio affiancandole alle seconde è quello di compromettere il loro processo di crescita per via del minor apporto di luce.

 

Attenzione ai rinvasi

Quando si parla di consigli per coltivare la cannabis autofiorente senza sbagliare, un doveroso cenno va dedicato al fatto di non esagerare con i rinvasi. Questa operazione, infatti, è poco tollerata dalle piante di cannabis a cui sono dedicate queste righe.

 

La raccomandazione dei breeder esperti è quella di piantarle subito nel vaso finale. Se proprio non ci si riesce, l’optimum prevede il fatto di metterle in quest’ultimo prima che siano passate le due settimane dalla germinazione. Si tratta, come già detto, di un accorgimento fondamentale per evitare che le piante siano sottoposte a un eccessivo carico di stress.

 

Il terriccio migliore

Le piante di cannabis autofiorente amano i terricci leggeri. Un altro aspetto importante sul quale soffermarsi riguarda la quantità di nutrienti, che deve essere inferiore rispetto a quella chiamata in causa per le piante fotoperiodiche. Entrando nel vivo delle peculiarità del terriccio per la cannabis autofiorente, un doveroso cenno va dedicato al mix fra torba e compost. A questi ingredienti vanno poi aggiunte la perlite e la vermiculite.

 

Per avere successo quando si coltiva la cannabis autofiorente conta tanto, oltre alla composizione del terriccio, anche il suo pH. Quali sono i numeri migliori al proposito? Il range ottimale è compreso fra 6 e 6,5. Per avere maggiori probabilità di ottenere un buon raccolto, il consiglio è quello di controllare il grado di acidità del terriccio in fase di acquisto. Cosa fare nei casi in cui non dovesse essere possibile trovarne uno adeguato? In questo frangente, si può “aggiustare il tiro” intervenendo con soluzioni ad hoc per raggiungere il giusto grado di acidità.

 

Lo spettro luminoso giusto

La cannabis autofiorente non necessita di una particolare attenzione all’illuminazione. Questo non vuole però dire che si possa mettere totalmente in secondo piano questo aspetto. Al di là del ciclo di luce – in seno alla community dei breeder ferve il dibattito su quale sia il migliore – è cruciale curare la scelta dello spettro luminoso. Nel corso della fase vegetativa, va meglio quello a luce blu. Grazie ad esso, è possibile evitare che le piante si allunghino troppo. Se le si osserva in questo momento del loro ciclo di vita, la prima cosa che si nota è il loro essere basse e particolarmente tozze.

 

Quando subentra la fase di fioritura, è invece meglio orientarsi verso gli spettri luminosi con luce rossa, molto utili per incentivare l’allungamento delle piantine e soprattutto la compattezza delle infiorescenze.